Cos’è il microchip?
Il microchip è un transponder formato da una capsula di vetro biocompatibile, che viene iniettata sottopelle nella zona del collo (per convenzione sul lato sinistro del soggetto), attraverso l’utilizzo di apposite siringhe sterili monouso.
Non è affatto dannoso, né procura dolore in fase di inserimento: sfrutta la tecnologia R.F.ID (Radio Frequency Identification), quindi onde a radiofrequenza, che si attivano solo quando viene avvicinato il lettore.
Al suo interno c’è un chip decodificabile solo da veterinari abilitati, attraverso il quale si può scoprire la carta d’identità del cane, gatto o di qualunque animale lo possegga.
È l’unico sistema identificativo internazionale consentito, essendo dotato di una sequenza di 15 numeri, che permette di conoscere:
- il paese di provenienza e residenza dell’animale
- il codice identificativo dell’azienda di produzione del microchip stesso
- l’identificazione del soggetto
- del proprietario a cui fa capo.
Microchip è obbligatorio per il cane
Il microchip, introdotto nel 1991, è obbligatorio per il cane e sostituisce il tatuaggio, pratica decisamente più cruenta e oramai non più utilizzata.
L’inserimento del microchip va fatta entro i due mesi di vita del cane, altrimenti si rischia una sanzione fino ad ottanta euro.
Il microchip nei gatti
Per il gatto è obbligatorio in caso di espatrio, ma lo è anche per le nuove adozioni e i nuovi nati in tutta la Lombardia dal primo gennaio 2020.
Le caratteristiche dei microchip utilizzati per i gatti sono le medesimi dei microchip utilizzati per i cani.
Microchip per il furetto
Anche per il furetto è obbligatorio il microchip per l’espatrio mentre rimane un atto volontario per rimanere in Italia.
Per le specie non convenzionali le linee guida in uso a livello internazionale sono quelle codificate dalla British Veterinary Zoological Society (BVZS) e dall’American Association of Zoo Veterinarians (AAZV).
Tartaruga di terra: obbligo di microchip
Si tratta di specie animali a rischio di estinzione, ed è per questo che le normative ne disciplinano il possesso, l’acquisto, l’alienazione ed il trasporto stabilendo dei requisiti stringenti.
Il possesso di una tartaruga può derivare esclusivamente o dall’acquisto o dalla nascita in cattività da un esemplare detenuto.
Non vi sono altre strade possibili: è vietato prelevare l’animale dal suo habitat naturale.
Sia che la tartaruga venga acquistata, sia che nasca da un esemplare in proprio possesso, la legge prevede obbligo di microchip.
Il microchip va inoculato entro il primo anno di vita dell’animale, fermo restando l’obbligo di denunciarne la nascita entro 10 giorni dall’evento; se invece ne acquistiamo il possesso tramite atto di compravendita, il venditore ha l’obbligo di trasmetterci il Documento CITES ed il modulo di cessione.
La tartaruga, inoltre, dovrà già possedere il microchip.
Il sito standard di inoculo, per i cheloni è rappresentato dalla coscia sinistra in posizione sottocutanea
Eccezioni sono rappresentate da:
- cheloni di grandi dimensioni (in cui risulti difficoltoso estendere l’arto per la lettura del dispositivo) nei quali il sito di inoculo è rappresentato dalla faccia dorsale del carpo sinistro in posizione sottocutanea .
- specie mordaci o aggressive in cui è preferibile inoculare il trasponder nella muscolatura alla base della coda sul lato sinistro.
Mircrochip per animali non convenzionali: come funziona
Le marcature ammesse negli “animali non convenzionali” sono di due tipi.
Per i mammiferi e rettili il microchip, per gli uccelli un anello chiuso inamovibile applicato alla zampa.
Nel momento in cui si decide di acquistare una specie non convenzionale, è importante assicurarsi che questa rientri in un elenco delle specie detenibili.
L’organo che tutela le specie di fauna e flora protette e la loro compravendita è il CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora).
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L’animale deve essere venduto dall’allevatore già correttamente microchippato o identificato e con regolare denuncia.
Microchip per i conigli
Ad oggi non esiste un obbligo di microcippare un coniglio da compagnia, ma al fine di tener monitorata e tutelata la popolazione cunicola è fortemente consigliata l’applicazione.
Microchip del cane: a cosa serve
L’introduzione della pratica del microchip ha portato moltissimi vantaggi alla salute e al benessere del cane.
Ecco i principali:
- Il microchip scoraggia l’abbandono. Sapere che si verrebbe subito scoperti disincentiva questa pratica disumana e ingiusta, che purtroppo è ancora molto diffusa.
- Il microchip aiuta i cani dispersi. Attraverso la lettura dei dati, è possibile riportare a casa a tutti quei cani che si sono persi e non riescono a ritrovare il loro legittimo proprietario.
- Il microchip identifica i cani vaccinati. La lettura dei dati presenti nel microchip permette di vedere se un cane è vaccinato, ad esempio contro la rabbia, oppure no.
- Il microchip permette di mettersi in viaggio. Senza questo strumento infatti i cani non possono viaggiare all’estero.
Microchip nel cane: vediamo il costo
Ulteriore vantaggio del microchip è il costo davvero molto contenuto: non esiste una tariffa univoca, perché cambia da regione a regione, ma nella gran parte dei cani il prezzo si attesta intorno ai 10.00 euro.
Il pagamento va fatto alla ASL di appartenenza, ma l’iniezione può essere effettuata presso un qualsiasi studio veterinario accreditato ad effettuare questo tipo di operazioni.
Non ci sono davvero motivazioni per rifiutarsi di iniettare il microchip al proprio cane.
Anzi, al contrario si tratta di un vero e proprio atto di amore che facciamo nei suoi confronti, dimostrandogli che da quel momento in cui ci prenderemo cura di lui e ci assumeremo tutte le responsabilità legate al suo benessere e al suo accudimento.